Nuove famiglie, nuovi bisogni

La dissociazione crescente tra famiglia e figli

Per quanto i vocabolari della lingua italiana continuino a riportare con minime e ininfluenti variazioni la definizione della famiglia quale "nucleo fondamentale della società umana costituito da genitori e figli" , oggi in una società, come quella italiana, sembra farsi strada una concezione concreta della famiglia per la prima volta nella storia dell'umanità sganciata dall'obiettivo, o semplice desiderio e perfino pura possibilità che sia, della procreazione.

Per la prima volta nella storia dell'umanità in società come la nostra la famiglia in quanto istituzione non tende necessariamente ai figli ma risulta, al contrario, da essi sempre più autonoma e per così dire svincolata. Si può fare famiglia, questo sembra il succo dell'esperienza odierna in società come la nostra, ma segnatamente proprio in Italia, a prescindere dai figli, anche senza mettere al mondo dei figli. E infatti, come vedremo in questo stesso capitolo, un'alta proporzione di coppie è senza figli mentre, tra quelle che ne hanno, si va sempre più estendendo, fino a diventare dominante già in molte regioni italiane e altresì nel complesso del paese, il modello del figlio unico.

Pensare che ciò succeda per motivi prevalentemente economici e materiali che rendono problematico mettersi assieme tra uomini e donne e ancor più fare dei figli, per la carenza di sostegno alle donne e alle famiglie che hanno figli, per l'insufficienza di servizi rivolti alla prima infanzia, per la continua crescita dei costi di mantenimento di un bambino o ancora per le accresciute difficoltà legate alla presenza dei figli, specialmente per le donne, di affermazione personale in campo lavorativo e professionale ma anche sociale e relazionale tout court, è sì pensare cose di buon senso e con un fondo innegabile e perfino ovvio di verità, ma è anche un modo per aggirare il vero e più grande problema: oggi non si fanno figli anche e forse soprattutto per la sopravvenuta trasformazione dei nostri modelli culturali, per l'affievolirsi dell'istinto di appartenenza alla specie, per il venir meno del senso della continuità del vivente al di là delle nostre personali vite e più in generale di una dimensione della vita non chiusa e definita entro l'ambito strettamente biologico e materiale.

Il cambiamento, in sostanza, è più profondo di quanto non si immagini o di quanto, pur immaginandolo, si sia disposti ad ammettere. È d'altro canto un fatto che una politica che si facesse carico in modo organico di aggredire e possibilmente risolvere almeno alcuni di quei motivi prevalentemente economico-sociali elencati, finirebbe col lasciare un segno anche sui modelli culturali oggi prevalenti riguardo alla famiglia e ai figli. Neppure i modelli culturali più radicati, com'è ovvio, sono immutabili, e qui stiamo parlando di qualcosa, di una trasformazione che non può vantare, non ancora almeno, un così profondo radicamento.

Ma, ciò detto, c'è un "dato" che non può essere ignorato, vale a dire che la famiglia non ha già oggi più inscritti nel suo orizzonte i figli come obiettivo e completamento, vera e propria realizzazione, vero e proprio suo inveramento. Questo è il punto cruciale, la questione centrale di ogni riflessione che voglia essere realistica, di ogni proposta che non intenda fermarsi a una sorta di predicazione, religiosa o laica che sia, attorno alla necessità della prole. Prima i figli appartenevano all'orizzonte della famiglia, stavano imprescindibilmente in questo orizzonte e, in virtù di questa posizione nell'orizzonte esistenziale della famiglia, connotavano la famiglia. La famiglia, semplicemente, li comprendeva e, dunque, ne era costituita. Oggi non più i figli possono stare o non stare nell'orizzonte della famiglia, indifferentemente.

La famiglia può comprenderli e non comprenderli, e dunque la famiglia è sì costituita "come dicono i vocabolari " da genitori e figli ma anche, e sempre di più, da coppie senza figli, non soltanto da coppie che non hanno figli ma anche e in misura crescente da coppie che non vogliono figli ovvero che, pur potendone avere, hanno deciso, hanno fatto la scelta, di non averne.

Sempre ci sono state coppie che non volevano figli e non ne hanno avuti. C'è chi argomenta, anzi, che anche al giorno d'oggi le coppie prima o poi finiscono per avere almeno un figlio e che la proporzione delle coppie senza figli non è così cambiata nel tempo. Ed è ovviamente vero che di figli si continua a farne e che ci sono coppie, ancora oggi, che ne mettono al mondo un buon numero.

Tutto vero, ma altresì parzialmente vero. Anzi, il discorso per così dire minimalista si fonda proprio su una serie di verità che per essere soltanto parziali, e in quanto tali soltanto parzialmente vere, nascondono il nucleo piùprofondo di verità. Nucleo di verità che proprio i dati, che esamineremo, dimostrano essere il seguente: che nella famiglia odierna viene meno, è già venuta meno, l'essenzialità dei figli.

La famiglia odierna si viene in sostanza ridisegnando attorno a questo carattere della non essenzialità della riproduzione e dunque dei figli. Il fatto di non avere figli non è più una decisione individuale che attiene a questa o quella coppia in un universo al cui interno permane comunque la centralità dei figli; questo fatto, quest'insieme di decisioni individuali relativamente ai non figli, è a sua volta un elemento costitutivo della coppia di oggi esattamente come lo sono i figli. Una coppia può avere indifferentemente un figlio tre o nessuno: semplicemente essa non si definisce più in quanto coppia (non la definiscono gli altri né si definisce essa stessa) in relazione ai figli. La famiglia di oggi non è più o meno famiglia in relazione ai più o meno figli. La coppia senza figli è famiglia tanto quanto lo è quella con figli. Nella società di oggi, di fronte alla società di oggi, non passa alcuna differenza tra queste tipologie di famiglie. La qualità, per così dire, di famiglia connessa a una coppia non è data dalla quantità di figli, non trova in ciò la sua forza quanto piuttosto nella qualità del legame di coppia che si estrinseca in durata e amalgama della coppia.

Nessuno si sognerebbe oggi di attribuire minore dignità di famiglia a una coppia senza figli rispetto a una coppia con figli per il fatto, puro e semplice, dei figli. Ci sono coppie legatissime che non hanno figli e coppie che non sono tali pur avendone anche molti, e tutti noi tendiamo ad attribuire più qualità di famiglia alle prime che non alle seconde. Non giudichiamo la famiglia "la qualità e, viene da dire, la virtù dell'essere famiglia "dai figli, tendiamo al contrario a prescindere nel giudizio su una famiglia dalla presenza-assenza dei figli. È alla qualità dei rapporti interpersonali interni al nucleo familiare che guardiamo, nient'affatto alla loro quantità, quando parliamo di famiglia.

Se due persone stanno bene assieme, si comprendono e aiutano vicendevolmente lì diciamo che c'è famiglia. Se in una famiglia numerosa c'è un conflitto permanente e irrimediabile, astioso e pregiudiziale, che esorbita da quello per così dire fisiologico tra generazioni diverse, piuttosto che amore e solidarietà, comprensione e fiducia reciproca, lì pensiamo che non c'è famiglia.

Non c'è alcun merito intrinseco nell'avere figli, per quanto senza figli sia impossibile concepire non già la singola famiglia quanto piuttosto la società. Pertanto non si è premiati per averne "cosa che sarebbe forse ingiusta, eccessiva " e neppure messi in condizione di averne " cosa che invece è senz'altro ingiusta ed eccessiva nel senso opposto. La nostra è una società (e noi che ne facciamo parte contribuiamo a questo giudizio) che non riconosce alla famiglia il merito dei figli, e che come tale si comporta e agisce anche nelle sue stesse sfere decisionali e istituzionali. La nostra, al contrario, è una società che di fatto premia il non avere figli e le coppie che si astengono dall'averne.

Nei figli si nasconde e si ritrova, per la coppia di oggi, la possibilità di perdere posizioni e prestigio agli occhi degli altri piuttosto che il contrario. Non si è più belli di fronte agli altri, di fronte alla società, e insomma all'esterno della famiglia, per il fatto di avere figli belli in un senso ovviamente morale più che estetico della parola.

La madre dei Gracchi oggi verrebbe guardata con sospetto, forse con una punta di compatimento, a sbandierare le virtù dei propri figli. Se i figli crescono bene bene, era doveroso per la famiglia che così fosse. Se i figli riescono male male, a una famiglia degna di questo nome i figli non dovrebbero venire su male. Che li ha messi al mondo a fare i figli, subito si dice di una coppia che ha dei problemi in questo senso, se non li poteva mantenere, istruire, crescere come si deve?

I figli non apportano una maggiore considerazione, ma sono piuttosto fonte di sempre potenziali handicap per la famiglia. Possono sbandarsi, delinquere, deviare dalla retta via. Se si drogano e delinquono ecco che fanno ricadere, oltre ai problemi e alle sofferenze, anche il discredito sulla famiglia. Se un figlio a venti o venticinque anni esce di casa per andare per la sua strada ecco che ci poniamo il problema: perché lo fa? Non sarà perché non va d'accordo coi suoi? Diversamente, se fino a trenta o a quarant'anni vive in casa e alle spalle dei genitori senza dar segni di sé che fa mai di sconveniente?

I figli sono notati e annotati nel male e nel rischio, ma non apportano un valore nella considerazione generale della famiglia. E questo perché il nostro orizzonte esistenziale non si slancia che mediocremente al di là delle nostre esistenze, sempre meno ci riesce guardare al mondo che sarà dopo di noi e dunque ai figli che ne saranno gli artefici.

I figli sono diventati o stanno sempre più diventando inessenziali per la famiglia d'oggi. Inessenziali senz'altro alla sua economia e nel mondo d'oggi sempre di più anche alle sue prospettive. Una coppia di prima, di una società più chiusa e povera di quella di oggi, aveva nei figli, e vedeva nei figli, possibilità di aperture al mondo, di percorsi e traguardi ad essa preclusi. I figli ampliavano a dismisura la visuale di questa coppia, lo sguardo che essa poteva lanciare sul mondo. Ma oggi? La coppia di oggi vede in sé stessa le aperture, cerca e persegue per sé stessa i traguardi, non demanda ai figli né le une né gli altri. Non ha e sempre meno avrà bisogno dei figli per guardare lontano, per essere ambiziosa. La prima ambizione era per i figli una volta, fino a non molti decenni fa. Quell'ambizione per i figli si sta sempre più spostando sulla coppia in sé stessa, per sé stessa, giacché questa coppia ha oggi la possibilità di realizzare in proprio quel che prima poteva soltanto sperare di riuscire a realizzare attraverso i figli.

Così la famiglia ha perso e continua a perdere i vantaggi legati ai figli, tanto che oggi la famiglia con figli non può vantare di fronte alla società e allo Stato alcuna reale superiorità sulla famiglia senza figli. Potrebbe vantarla in funzione della continuità biologica e della specie, ma di un tale valore "si è detto"si vanno sensibilmente affievolendo, nell'umano sentire e agire, la percezione e il peso.

La famiglia sarà pure il nucleo fondamentale della società, ma la questione della sua composizione in termini di genitori e figli è stata superata o appare in via di superamento da un punto di vista culturale non meno che in termini di fatto. Resta da vedere se questo nucleo fondamentale della società alla luce di quel che rimane della famiglia sarà ancora così fondamentale per la società.

Come che sia, per questa strada la famiglia, allontanandosi dai figli, è venuta perdendo il suo centro unificante e ha finito con lo sfilacciarsi in mille rivoli. E infatti oggi tutti rivendicano una loro famiglia, nel senso di una loro specifica, ad hoc, pressoché tagliata su misura, tipologia di famiglia. In queste tipologie i figli per così dire non qualificano, non risultano, ancora una volta, determinanti.

La biologia della riproduzione naturale si allontana dalla famiglia proprio nel tempo in cui, diversamente, la biologia della riproduzione o fecondazione assistita ne attesta, ne scandisce passo su passo la sua trasformazione. Una trasformazione che porta dritto all'affievolimento, all'indebolimento tout court, nient'affatto a un rafforzamento della famiglia.

Si parla moltissimo di famiglia ma in realtà la famiglia esiste sempre meno e pesa sempre meno in seno alla società di oggi. È la stessa famiglia, insomma, che assieme ai figli e proprio in quanto sta progressivamente perdendo l'ancoraggio dei figli, va gradatamente scemando d'importanza nella società. Parliamo ancora, quasi come se niente di decisivo fosse successo, nessuna profonda trasformazione ci fosse stata, di famiglia alla base della società, ma non è così chiaro che cosa stia effettivamente alla base della società e se quel che ci sta (e, ancor più, quel che si profila) sia ancora a tutti gli effetti famiglia.

I dati statistici "ecco il punto che piùdi ogni altro ci preme sottolineare" mostrano questa trasformazione, questo svaporamento della famiglia ch'è in atto proprio mentre piùsi differenziano le forme di famiglia e, paradossalmente, più si parla di famiglia per alludere, ormai, a qualcosa che sembra avere scarsi punti di contatto con la famiglia quale la si è intesa fino ad un recente passato.

E magari il gran parlare della e sulla famiglia procede, almeno inconsciamente, dalla sensazione che abbiamo di questo processo, del fatto, vale a dire, che esso potrebbe non essere di pura e semplice evoluzione della famiglia. La cosa davvero certa è che si coglie una difficoltà, una ritrosia oltremodo significativa nell'illustrare compiutamente e nel ragionare apertamente su questi dati statistici.

L'ISTAT, nell'annotare i dati definitivi dell'ultimo censimento della popolazione [1], non scrive una parola per dirci che qualcosa è cambiato, anzi commenta i dati alla luce di un paradigma di così piena e indiscutibile continuità col passato che viene da pensare che di censimento in censimento, e di continuità in continuità, il nostro Istituto Centrale di Statistica rischi di accorgersi che "tutto è cambiato" quand'è ormai troppo tardi "“ almeno per un Istituto Centrale di Statistica.

Vero è che nell'ultimo "Rapporto annuale. La situazione del paese nel 2004" (pubblicato nel 2005) l'approccio appare decisamente piùproblematico, giacché si afferma che "I mutamenti sociali e demografici degli ultimi due decenni hanno cambiato profondamente le famiglie" , ma aggiungendo subito dopo che questi cambiamenti "vanno di pari passo con il generale processo di semplificazione delle strutture familiari che vede ridursi il peso delle famiglie con piùgenerazioni" .

Alla grazia della semplificazione. L'ISTAT sembra non vedere che, per usare le sue stesse parole, se "tra il 1993 e il 2003 diminuiscono, in particolare, le coppie con figli (dal 48 al 42 per cento) e aumentano le persone sole (dal 21 al 26 per cento)" ciòche è in gioco, ormai, è ben piùdi una semplificazione delle famiglie giacché da una semplificazione siffatta all'altra sparisce semplicemente, nel batter d'occhio di pochi altri decenni, la famiglia [2].

Insomma, i dati dell'ISTAT sulla popolazione e le famiglie non sono così innocui, neutri e neutrali come sembrerebbe a stare ai commenti che circolano su di essi. Si prestano anzi a un bel po' di considerazioni di tutt'altro segno che non quello della continuità o della semplificazione. E pazienza se a proporre alcune almeno di queste considerazioni si rischia di esser presi per reazionari nostalgici dei bei tempi di una volta quando la famiglia significava tanti bambini e i bambini significavano tante madri, tante donne che per accudirli se ne restavano a casa lasciando ai mariti l'onere e l'onore di procacciare per tutti, fuori di casa, nel mondo del lavoro e delle professioni, nel pieno delle relazioni e del tessuto economico-produttivo della società, il pane e possibilmente anche il companatico.

Forse è proprio per il timore di essere tacciati di auspicare il ritorno a una famiglia pressappoco così che una analisi meno cauta e guardinga di che cos'è la famiglia oggi e di come, proseguendo certe tendenze, essa si prefiguri in un piùo meno immediato futuro, sembra indugiare e perfino nascondersi, nonostante un numero crescente di studiosi e osservatori, centri studi e naturalmente università si affannino da mane a sera attorno all'oggetto in questione.

Ma una analisi impietosa delle tendenze che percorrono la famiglia d'oggi è resa pressoché obbligatoria da una fatto puro e semplice, una pura e semplice constatazione che promana dai dati e dalla nuda osservazione di quel che sta avvenendo, vale a dire: la pressoché sicura scomparsa, proseguendo queste tendenze indisturbate nel futuro, della famiglia non tanto e non soltanto per come la conosciamo e siamo abituati a conoscerla, ma piùradicalmente ancora della famiglia intesa come cellulamsulla quale si fonda tutto il resto dell'impalcatura sociale, delle strutture e del funzionamento della società.

SEMPRE MENO FAMIGLIA

Che la famiglia non sia più necessariamente connotata dai figli, nel senso che i figli non rappresentano più l'orizzonte imprescindibile della famiglia e neppure il suo specchio più fedele e autentico; che di fatto (e lo vedremo meglio nel prossimo paragrafo) avanzino in questo orizzonte e si affermino forme di famiglia mano a mano più lontane dalla sua definizione classica; che insomma profonde trasformazioni dei caratteri della famiglia ne stiano a tutti gli effetti facendo un'altra cosa rispetto al passato non è tesi alla cui dimostrazione si debbano dedicare chissà quali energie intellettive, quali raffinate analisi statistiche ed elaborazioni culturali. C'è, per intenderci un riscontro pressoché immediato della trasformazione in atto della famiglia nelle direzioni che abbiamo appena sintetizzato proprio nei dati statistici più ufficiali: quelli dell'ISTAT, ricavati dai censimenti.

L'analisi di questi dati percorrerà tutto il presente saggio. E tuttavia per inquadrare d'emblée quel che sta succedendo basta soffermarsi a dare un'occhiata a certi indicatori di popolazione tra i più comuni e i più utilizzati e sui quali torneremo in modo più esteso quando nell'ultimo capitolo parleremo espressamente di nuova famiglia. Ci si può così rendere immediatamente conto che, nell'arco di tempo tra il censimento del 1971 e il censimento del 2001, e dunque in trent'anni appena della vita del paese, un niente, un soffio:

  1. la dimensione media della famiglia è scesa da 3,35 a 2,6 componenti (dimensione che sarebbe diminuita ancora più nettamente se alle età che si convengono i figli uscissero di casa invece di rimanervi in misura sempre crescente, ovvero se i giovani del 2001 avessero lasciato le famiglie di origine nella stessa proporzione dei loro coetanei del 1971 [3]);
  2. le famiglie unipersonali, ovvero quelle costituite da una sola persona, sono passate a rappresentare dal 12,9% al 24,9% del totale delle famiglie, ovvero a raddoppiare proporzionalmente sino a rappresentare una famiglia su quattro;
  3. le famiglie di 5 e più persone sono sprofondate dal 21,5% al 7,5% del totale delle famiglie, diventando a tutti gli effetti marginali nel complesso delle famiglie.

Il dato delle famiglie unipersonali, che sono ulteriormente cresciute dal 24,9% al 25,8% del totale delle famiglie tra il 2001 (anno del censimento) e il 2003 (anno di aggiornamento da parte dell'ISTAT di alcuni dati sulla popolazione), acquisendo un altro punto percentuale in solo due anni, conferma non soltanto la progressione inarrestabile di queste famiglie che famiglie non sono, ma tutte le tendenze in atto nella famiglia italiana.

In pratica: sono sparite o sono sul punto di sparire le cosiddette famiglie numerose (concentrate pressoché esclusivamente al sud) mentre proliferano quelle formate da una sola persona, che rappresentano già oggi più di una famiglia su quattro, il tutto all'interno di un processo già in fase avanzata di assottigliamento della famiglia, quasi di atomizzazione, ovvero del progressivo ridursi della famiglia a nucleo sempre più ristretto e asfittico che con difficoltà sempre maggiori garantisce la continuità della società. Le famiglie, insomma, come già si accennava nella premessa non fanno che aumentare, salvo il fatto sono sempre meno "famiglia" . Pensare che il divario si sia prodotto e ancora si stia producendo esclusivamente in termini numerici, ma lasciando intatto il senso tradizionale della famiglia, il suo significato, la sua sostanza, il modo stesso com'è percepita è solo il tentativo consolatorio di convincere noi stessi che tutto cambia perché niente cambi, e che proprio riguardo alla famiglia tutto rimane, a dispetto tanto delle statistiche come delle apparenze, sostanzialmente immutato.

Ma perché, del resto, non ci si dovrebbe illudere che le cose stiano effettivamente così, immobili e pressoché inalterate, soggette a mutamenti che non rappresenterebbero altro che avanzamenti lungo una linea che è pur sempre all'insegna della continuità, quando, se si vanno a interpellare, sono proprio loro, i giovani, quegli stessi giovani che come vedremo non si mettono in coppia e meno ancora si sposano, che non costituiscono famiglie e non fanno figli, a sostenere che però loro hanno fiducia "eccome se ne hanno"nel matrimonio, che il loro primo valore e anzi il primissimo, quello che sta in cima a tutti i loro pensieri, è proprio la famiglia? Ormai non passa praticamente anno che qualche università o centro di ricerche demoscopiche o assimilato non scopra che questi nostri giovani tanto accusati di non avere più valori e di non credere piùin nulla, di oscillare tra edonismo e menefreghismo, sono in realtà buoni diavoli, legati alle sane cose di sempre: la famiglia, l'amore, l'amicizia [4].

La famiglia prima e più di ogni altra cosa. Salvo che non si sa più a quale famiglia essi intendano riferirsi, visto che non ne mettono su in proprio, se a quella di origine dove normalmente stanno bene acquattati o a quella cui dovrebbero, uscendo allo scoperto, ovvero abbandonando il guscio protettivo dei genitori, dar luogo essi stessi.

Certo, è ben strano, almeno a prima vista, che un'istituzione così in difficoltà e al centro di grandi turbolenze come la famiglia costituisca quel punto di riferimento supremo e irrinunciabile che tutti affermano che sia. Ed è ancora più strano che i più grandi sostenitori della famiglia (e del matrimonio, della coppia e perfino dei figli) siano proprio coloro "i giovani, dagli adolescenti ai trentenni che ancora si sentono tali" che più risultano restii a formare coppie e famiglie in proprio. Verrebbe da pensare che i giovani intervistati siano "altri" rispetto all'universo dei giovani reali, ma è più realistico pensare che se la cavino con risposte a metà strada tra la furbizia e l'opportunismo, pur se non del tutto scevre, entrambe, da una punta di sincerità. In effetti i giovani mai sono stati al tempo stesso così dipendenti e accuditi dalle proprie famiglie, dunque hanno pure qualche fondata ragione di pensare che la famiglia è una buona cosa, anche se nel dire questo hanno lo sguardo rivolto più al passato e al presente che non al futuro, più alla famiglia di origine che a quella in proprio che verrà "se mai verrà".

Gli indicatori statistici appena considerati non fanno che porre su certe basi, a nostro giudizio per la verità già piuttosto solide, i nuovi caratteri della famiglia italiana. Ma non bastano a dar conto di quel che è successo ad essa nell'arco di tempo che abbiamo scelto, per le ragioni che abbiamo esposto nel primo capitolo, degli ultimi trenta anni.

In effetti la famiglia in Italia ha subito una vera e propria mutazione che però è piuttosto difficile sintetizzare in pochi punti. Tutte le sintesi al riguardo, data la profondità e vastità di questa mutazione, sono in qualche modo viziate dall'inevitabile parzialità dei punti di vista di chi osserva, classico esempio, si può ben dire, di come sull'oggetto osservato finisca per riflettersi il lavoro stesso, l'occhio dell'osservatore. Questa sintesi che proponiamo non fa eccezione "ciò che, peraltro, non la rende, ancorché parziale, meno vera".

La trasformazione o mutazione della famiglia italiana a partire dagli anni Settanta ha proceduto e si è realizzata in una triplice direzione:

  1. in quella fondamentale dei figli, la cui presenza al suo interno è sempre più ridotta ai minimi termini e sempre meno essenziale sul piano dell'essere famiglia della famiglia d'oggi;
  2. in quella, collegata alla prima, di un incremento ininterrotto delle tipologie familiari senza l'apporto di figli (famiglie unipersonali e coppie senza figli), che in quanto tali si distaccano dalla definizione piena della famiglia come nucleo costituito da genitori e figli;
  3. e, ancora, in quella di un alto grado di senescenza della famiglia, rappresentato e fissato nella senescenza della "persona di riferimento" il capofamiglia d'un tempo che sembra già lontanissimo.

Approfondiremo meglio uno per uno questi punti, cercando di capire che cosa essi comportino tanto sul piano della famiglia che su quello dei comportamenti e delle dinamiche che si sviluppano al suo interno e, più in generale, nei suoi rapporti col resto della società.

NOTE

[1] ISTAT, 14° Censimento della popolazione italiana: dati definitivi, 22 dicembre 2003, comunicato stampa.

[2] Si è passati da 2,3 coppie con figli per ogni famiglia unipersonale nel 1993 a 1,6 coppie con figli per ogni famiglia unipersonale appena dieci dopo. È facile capire dove andremmo a finire se questa tendenza proseguisse con gli stessi ritmi per altri due decenni. Chiamare semplificazione un tale processo non è a sua volta un po' troppo semplificante?

[3] La dimensione media della famiglia tende ad essere nei paesi mediterranei, proprio per questo fatto dei figli che restano in famiglia fino ad età decisamente adulte, piùalta che non nei paesi dell'Europa del nord e continentale. Si parla in proposito di un vero e proprio "modello mediterraneo" , contrassegnato dalla permanenza in alte proporzioni dei figli nelle famiglie fino ad età avanzate. C'è peròda dire che negli ultimi anni si nota una tendenza ad una maggiore permanenza in famiglia da parte di figli ormai adulti anche in paesi dell'Europa del nord e continentale.

[4] Solo per citare degli esempi, sul finire del 2004 due ricerche su adolescenti hanno fornito pressoché lo stesso ritratto dei nostri giovanissimi, quella dell'Istituto Superiore di Sanità e quella dell'Eurispes-Telefono Azzurro. Per ciòche ci preme in questa sede è da segnalare che la famiglia risulta di gran lunga al primo posto nella scala dei valori, che amore e amicizia seguono a distanza, che i genitori nel 90% accolgono, ti ha con i genitori un rapporto senz'altro non conflittuale (Istituto Superiore di Sanità)