Podoscopia e scoliometria

Il piede e la colonna vertebrale sono gli organi più importanti per la postura cioè per il mantenimento del nostro assetto corporeo in rapporto all'esigenza di vincere la forza di gravità. Verso queste due sedi si concentra anche l'attenzione dell'ortopedia pediatrica, in quanto il piede piatto e la scoliosi rappresentano le più frequenti cause di consulto specialistico. Di fronte ad un così elevato numero di accessi ai controlli ambulatoriali, il pediatra deve agire da filtro, in modo da riservare i controlli di secondo livello solo ad alcuni casi selezionati: per questo scopo dispone di alcuni strumenti specifici, il podoscopio e lo scoliometro. L'impiego di questi due ausili per la valutazione clinica del bambino ha caratteristiche e connotazioni molto diverse, prima di tutto per fascia di età e, secondariamente, per livello di attenzione, per cui verrà trattato separatamente.


Podoscopia

Il podoscopio è l'apparecchio comunemente impiegato negli ambulatori pediatrici per la valutazione della volta plantare sotto carico: se l'istmo è superiore alla metà della parte anteriore, il piede viene definito piatto, con la possibilità di distinguere vari gradi (Figura n.1). Negli ultimi anni l' importanza dell' esame podoscopico è stata notevolmente ridimensionata per vari motivi; i principali sono:

  • L' esame podoscopico evidenzia soltanto l' aspetto morfologico del piede, che è quello meno importante (rispetto a quello funzionale)

  • Il piede piatto è largamente sovradiagnosticato e, in tutto il mondo, la percentuale di trattamenti giudicati non necessari è elevatissima (oltre il 90% dei casi), con costi economici enormi (1).


Quindi oggi l'immagine statica della volta plantare, così come è mostrata all'esame podoscopico, passa in secondo piano rispetto ai parametri funzionali. Prima di tutto occorre ricordare che non esiste una definizione universalmente condivisa di piede piatto e che, soprattutto, non è ben definito il confine fra normalità e patologia, per cui in ogni singolo caso occorre valutare separatamente tre aspetti: quello morfologico, quello funzionale e quello etiologico. Dal punto di vista morfologico, la definizione più largamente diffusa di piede piatto fa riferimento ad una condizione di abbassamento stabile della volta longitudinale mediale del piede, generalmente associata ad una caduta del calcagno verso l'interno (valgismo).

La deformità in realtà non consiste in un semplice abbassamento della volta perchè le ossa del piede hanno un'architettura che può essere paragonata ad un'elica: nel piede piatto è presente una riduzione della torsione dell'elica, per cui avampiede e retropiede si derotano reciprocamente. Dal punto di vista morfologico, occorre ricordare anche che l'altezza dell'arco plantare cambia nel corso della vita e che la volta si sviluppa progressivamente durante il periodo di accestimento: alla nascita pressochè tutti i piedi sono piatti, dai 3 ai 6 anni circa il 50% dei bambini ha un piede piatto e, nell'età adulta, la percentuale di piedi piatti oscilla dal 8 al 15% a seconda dei criteri utilizzati per la definizione.

Dal punto di vista funzionale il piede piatto è caratterizzato da uno stato di prevalente e persistente pronazione, con disturbi associati: è proprio su questo aspetto che oggi si pone la maggiore attenzione, in quanto per parlare di anormalità non è più sufficiente fare esclusivo riferimento alla morfologia (quindi alla valutazione podoscopica) ma anche al modo in cui il piede riesce a svolgere la sua funzione di sostegno e alla presenza di sintomi (quindi rigidità, dolore, ecc.). Inoltre occorre tenere ben distinti i casi in cui il piattismo deriva da malattie specifiche (come fratture, paralisi, miopatie, tumori, ecc.).

Per una valutazione corretta, l'esame del piede inizia con l'anamnesi familiare e personale. Una particolare attenzione deve essere rivolta alla presenza di patologie congenite, di sindromi genetiche e all'esclusione di malattie neuromuscolari; nelle forme monolaterali o fortemente asimmetriche occorre escludere precedenti traumatici (ad esempio fratture del calcagno) o patologie specifiche tipicamente monolaterali (ad esempio osteoma osteoide, con il caratteristico dolore intenso e di tipo infiammatorio).

L'esame clinico è relativamente semplice e si basa sull'esame della marcia e sui reperti obiettivi locali. Una corretta deambulazione sulle punte e sui calcagni permette già di escludere una buona parte delle eziologie secondarie del piede. Ma la fase più importante è rappresentata dall'esame obiettivo del piede e, in particolare, l'attenzione deve essere rivolta verso i seguenti aspetti clinici: simmetria, flessibilità, riducibilità e presenza di sintomi.

L'obiettivo principale del pediatra è: evidenziare tutte le forme di piede piatto secondario ad altre malattie e le forme di piede piatto con alterazioni della funzionalità, indipendentemente dal grado di piattismo evidenziabile al podoscopio. Prima di tutto occorre distinguere due fasce di età: quella prima degli 8-10 anni e quella successiva; la soglia sarà spostata più verso gli 8 anni nelle femmine (nelle quali lo spurt puberale è anticipato di circa due anni rispetto ai maschi) soprattutto se tendenti allo sviluppo precoce, mentre sarà più vicina ai 10 anni nei maschi, in particolare se con sviluppo fisico e motorio più lento della media.

Prima degli 8-10 anni, il piede piatto che non necessita di controlli specialistici (nè di trattamento, per la prognosi spontaneamente favorevole) è caratterizzato da: simmetricità, assenza di sintomi, correggibilità sia del piattismo (la volta, seppur abbassata sotto carico, recupera una normale morfologia in scarico) che dell'eccessivo valgismo del calcagno (l'assetto del calcagno si normalizza con il sollevamento sulle punte) e flessibilità normale: cioè, mobilizzando passivamente il piede, si riesce a far compiere normali movimenti di flesso-estensione e di prono-supinazione. In questo tipo di piede il compito principale del pediatra è quello di monitorizzare annualmente il paziente (rassicurando i familiari) mentre, nei pazienti in cui questi requisiti non sono soddisfatti, è necessaria una visita ortopedica, così come nei casi in cui nei controlli successivi si evidenzia un aggravamento del quadro clinico o sono sopraggiunti dei disturbi (il piede piatto NON deve comunque peggiorare nei controlli successivi!) (Figura n.2).

Dopo gli 8-10 anni avremo assistito al miglioramento spontaneo della maggior parte dei piedi piatti anche senza alcun trattamento, mentre in circa un caso su dieci tale evento favorevole non si sarà verificato; è¨probabile che una piccola parte di questi sia anche peggiorata, con un aumento della rigidità o con la comparsa di dolore (non raramente per la presenza di sinostosi congenite delle ossa del tarso, che diventano sintomatiche proprio dopo questa fascia di età, per la progressiva ossificazione delle cartilagini): in questi casi è necessario l'invio all'ortopedico, che valuterà l'eventuale necessità dell'impiego di plantari o, talvolta, di un intervento chirurgico.

Anche nei piedi piatti flessibili in cui il miglioramento non è stato all'altezza delle aspettative o non si è proprio verificato, occorre ricercare il giudizio dell'ortopedico che potrà optare, in casi selezionati, anche per un intervento chirurgico correttivo (artrorisi sottoastragalica con endortesi). Occorre sottolineare che l'intervento non è necessariamente indicato in tutti i pazienti, soprattutto se piede piatto è flessibile e del tutto asintomatico, anche nei casi in cui il quadro podoscopico dimostri un piattismo di 2°o 3° grado. Nella valutazione complessiva bisogna infatti tenere conto anche delle seguenti categorie:

  • Pazienti con iperlassità legamentosa: sono soggetti che costituzionalmente presentano una lassità articolare, facilmente riconoscibile per la possibilità di iperestendere il ginocchio, il gomito o le dita della mano fino quasi a raggiungere il contatto con l'avambraccio. In questi casi il piede è evidentemente piatto al podoscopio, ma la volta plantare è molto ben sviluppata in scarico e non sono presenti sintomi. La maggior parte degli Autori considera questo piede piatto come una normale espressione dell'iperlassità (1) e non ritiene opportuno alcun trattamento, anche in presenta di un piede piatto di 2° o, addirittura, di 3°grado.
  • Pazienti obesi: spesso l'obesità si accompagna ad una netta caduta della volta plantare a causa del sovraccarico funzionale. In questi casi, se il piede piatto è correggile, asintomatico e la volta è presente in scarico, l'obiettivo principale è rappresentato dal controllo del peso, incrementando anche l'attività sportiva e riducendo la sedentarietà (ore complessive di TV, computer, ecc.)
  • Pazienti con tendine di Achille relativamente corto: secondo alcuni autori (1), e anche nella nostra esperienza, il tendine di Achille corto è una delle cause più frequenti di mancato miglioramento spontaneo del piattismo dopo gli 8-10 anni e, soprattutto, della persistenza di un marcato valgismo del calcagno. Il paziente tipo è un ragazzino con un piede piatto-valgo in cui, nonostante la flessibilità e la buona correggibilità, il calcagno tende a restare decisamente valgo nel corso degli anni; l'inquadramento clinico non è facile, in quanto la brevità del tendine non è immediatamente evidente perchè il valgismo del calcagno tende a mascherarla: la flessione dorsale del piede è consentita perchè il tendine di Achille si sposta lateralmente aumentando il valgismo del calcagno. In questi pazienti occorre effettuare una manovra particolare, che verrà dimostrata praticamente nel corso del seminario, consistente in una flessione dorsale del piede a ginocchio esteso, ma con il piede in supinazione (cioè con la pianta rivolta all'interno) (Figura n.3); in questo modo si evita la valgizzazione calcagno e si evidenzia la vera lunghezza del tendine di Achille: se il tendine è corto, non sarà possibile flettere dorsalmente la caviglia. In questo tipo di piede, in cui possono anche comparire disturbi dolorosi, il plantare è poco utile, mentre sono decisamente più efficaci gli esercizi di stretching del tendine di Achille (effettuati con il piede in supinazione, per evitare di aggravare la distensione della pianta del piede) che possono essere anche praticati dagli stessi familiari, una volta istruiti sulla tecnica.



Scoliometria

A differenza del piede piatto, in cui la diagnostica ed il trattamento si sono sensibilmente modificati negli ultimi anni, i concetti relativi alla scoliosi sono sostanzialmente invariati; questa patologia richiede molta attenzione perchè resta ancora oggi molto temibile, soprattutto se diagnosticata in ritardo: se i pazienti giungono allo specialista in una fase avanzata o comunque non più ottimale, il trattamento sarà più pesante (talora anche chirurgico) ed i risultati clinici saranno comunque inferiori. Il livello di attenzione deve essere alto perchè la scoliosi passa ancora oggi frequentemente misconosciuta in quanto la comparsa e l'eventuale aggravamento avvengono in completa assenza di disturbi e, talora, in modo rapido, soprattutto nei soggetti di sesso femminile al momento della poussée puberale.

Nonostante talvolta si abbia la percezione che la scoliosi sia oggi una patologia poco comune, i dati epidemiologici dicono invece che la sua prevalenza non è affatto cambiata rispetto al passato, per cui il 2-4% degli adolescenti presenta una scoliosi di oltre 10 gradi Cobb e circa lo 0,2-0,3 per mille, di oltre 20 gradi (2). Nel comune di Firenze negli ultimi anni è stato reintrodotto lo screening per le deformità vertebrali nei bambini delle scuole medie; i risultati preliminari hanno evidenziato che i casi di scoliosi superiori ai 20° non precedentemente diagnosticata sono ancora numerosi.

L'uso dello Scoliometro di Bunnell è semplice ed una valutazione del gibbo è un esame che richiede meno di un minuto (Figura N.4). Il problema è relativo alla soglia di misurazione da considerare per l'invio allo specialista. Se si prendono i 5°, la percentuale di falsi positivi è decisamente alta mentre, se si prendono i 7°, può sfuggire anche qualche scoliosi di una certa importanza.

Poichè il problema della diagnosi differenziale riguarda soprattutto le differenze di lunghezza degli arti inferiori che sono comunissime, un metodo per ridurre l'eccesso di consultazioni specialistiche può essere rappresentato dalla misurazione del gibbo con paziente seduto. In ogni caso si consiglia di inviare il paziente allo specialista senza una radiografia iniziale, a meno che il gibbo non sia grossolano, in quanto il livello di radiazioni ionizzanti a cui espone un esame completo del rachide in toto in due proiezioni (indispensabili nel primo controllo radiografico) è rilevante.

I centri scoliosi sono in grado di evitare gli esami non indispensabili e di distanziare al massimo quelli inevitabili, mettendo in atto tutti gli accorgimenti per limitare il danno potenziale (protezione gonadi, proiezione postero-anteriore invece di quella antero-posteriore, ecc.). Lo screening delle scuole fiorentine ha permesso di evidenziare anche un altro aspetto particolare della diagnosi di scoliosi nella popolazione urbana, cioè l'elevato numero di falsi positivi diagnosticati prima del controllo in ambito scolastico; in altri termini, in una percentuale relativamente alta di bambini era stata posta una diagnosi di scoliosi senza alcun riscontro clinico al momento dello screening, con relativa prescrizione di trattamenti inutili o con limitazioni dell'attività non necessarie.


Conclusioni

Il ruolo del pediatra nella diagnosi di piede piatto e di scoliosi è fondamentale. Nel primo caso gli screening di massa non sono indicati perchè finirebbero per espandere un problema che è già fin troppo oggetto di attenzioni e di cure non giustificate. La podoscopia può essere un utile ausilio, ma oggi viene considerato più importante un esame clinico senza podoscopio che un esame podoscopico senza una valutazione clinica, in quanto gli aspetti morfologici passano in secondo piano rispetto a quelli funzionali.

La valutazione del piattismo non deve essere fatta prima dei tre anni perchè in età infantile un abbassamento della volta plantare è fisiologico per l'incompleta maturazione dei meccanismi antigravitari del piede (ipotonia muscolare, lassità legamentosa, ecc.) e per la fisiologica adiposità presente sulla volta plantare. L'età migliore per l'esame del piede è compresa fra i 4 ed i 7 anni; in questo intervallo sarà opportuno un esame precoce se il bambino è avanti con lo sviluppo, ha camminato presto oppure se ci sono disturbi del cammino o sintomi dolorosi, soprattutto nel sesso femminile; più tardivamente nei maschi e nei casi di sviluppo fisico e motorio più lenti.

Per quanto riguarda la scoliosi, laddove è presente uno screening gestito da una struttura pubblica, il compito del medico di base è più semplice, in quanto l'indagine scolastica permette di segnalare non solo i casi positivi ma anche quelli in cui è necessario un monitoraggio clinico. Laddove lo screening non è presente, l'esame con scoliometro è fondamentale per una diagnosi precoce e per un intervento tempestivo, in modo da prevenire l'insorgenza di deformità rilevanti.

L'esame è indispensabile nei soggetti di sesso femminile con anamnesi familiare positiva per scoliosi. In ogni caso indipendente dall'età anagrafica e dal sesso, il momento in cui occorre porre una maggiore attenzione alla schiena è l'inizio dello spurt puberale, con il pubarca ed il telarca. La comparsa dei peli ascellari (ircarca) coincide con il momento di maggior rischio che, nelle femmine si concentra appunto fra telarca e menarca. Già un pò prima del menarca il picco di velocità di accrescimento del rachide viene superato e il rischio decade rapidamente fino ad esaurirsi del tutto ad un anno e mezzo dal ciclo.


BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

  1. Mosca VS. 121Flexible flatfoot in children and adolescents J Child Orthop (2010) 4:107-121
  2. Fong DYT, Lee CF, Cheung KMC, Cheng JCY: A Meta-Analysis of the Clinical Effectiveness of School Scoliosis Screening Spine (2010) 35: 1061-1071.



ICONOGRAFIA

Figura n.1
Disegno schematico di impronta del piede sotto carico (esame podoscopico): a sinistra, piede normale con l'istmo (CD) inferiore alla metà dell'avampiede (AB); I, piede piatto di primo grado, con l'istmo che ha superato la metà dell'avampiede; II, piede piatto di secondo grado, con scomparsa completa dell'arco plantare; III, piede piatto di terzo grado con istmo che deborda medialmente.

Figura n. 2
Schema delle indicazioni al consulto ortopedico nel paziente con piede piatto (si noti che il grado di piattismo non fa parte delle indicazioni).

Figura n.3
Disegno schematico della manovra per evidenziare una brevitàdel tendine di Achille nei pazienti con piede piatto valgo (spiegazione nel testo).

Figura n.4
Disegno schematico dell'impiego dello Scoliometro di Bunnell per la valutazione dell'angolo di rotazione del tronco nel gibbo dei pazienti con scoliosi.