Le aritmie: benigne… o forse no?
Le aritmie ipercinetiche sono quei disturbi del ritmo che condizionano un’alterazione in senso ipercinetico e non naturale del cronotropismo cardiaco. In queste rientrano i battiti ectopici prematuri e le tachiaritmie.
Con il termine tachiaritmia si intende una sequenza di 3 o più battiti con frequenza cardiaca >25% (generalmente >120 bpm) di quella sinusale nel momento della sua insorgenza, altrimenti si parla di ritmo accelerato (generalmente
La tachicardia si definisce non sostenuta quando ha una durata 30 secondi. Infine, si definisce: 1) parossistica se ha inizio e cessazione improvvisi; 2) permanente o incessante se costantemente presente nelle 24 ore o comunque presente per periodi molto prolungati (>20% delle 24 ore).
Il termine sopraventricolare viene attribuito a tutte quelle aritmie ipercinetiche che originano al di sopra o all’interno della giunzione atrio-ventricolare. Il termine ventricolare si riferisce, invece, a tutte quelle aritmie che originano al di sotto della biforcazione del fascio di His.
Dal punto di vista elettrofisiologico una tachiaritmia può essere dovuta a un meccanismo di rientro o ad un aumentato automatismo cellulare.
L’incidenza delle tachiaritmie atriali in età pediatrica con cuore normale va da 1/250 a 1/1000, con un picco d’incidenza nel periodo neonatale e pre-puberale. Le tachiaritmie ventricolari sono rarissime in età pediatrica.
EXTRASISTOLIA
Le extrasistoli sono battiti ectopici ad origine sopraventricolare o ventricolare. Le extrasistoli sopraventricolari originano dagli atri o dalla giunzione atrioventricolare, sono caratterizzate all’elettrocardiogramma da una P diversa ed anticipata rispetto a quella sinusale, a cui segue di norma un QRS uguale a quello di base.
Le extrasistoli sopraventricolari possono presentare comunque un’aberranza di conduzione intraventricolare o essere bloccate nella conduzione atrioventricolare. Le extrasistoli ventricolari originano dai ventricoli e dal sistema di conduzione a valle della biforcazione del fascio di His, sono caratterizzate da un QRS largo, dissociato dall’onda P sinusale. I battiti ectopici possono presentarsi in forma isolata o ripetitiva, semplice o complessa, monomorfa o polimorfa, sono generalmente idiopatici ma talora si associano a cardiopatie congenite o acquisite.
Le extrasistoli sono perlopiù asintomatiche, talora, e soprattutto nell’età adolescenziale, possono dare una sensazione di “battito mancante” saltuario. Al momento della diagnosi è indicata una visita cardiologica con ECG, ECG dinamico delle 24 ore secondo Holter ed esami di funzionalità tiroidea.
È utile associare un ecocardiogramma color Doppler ed un test ergometrico al fine di escludere la presenza di una cardiopatia strutturale o di forme aritmiche più complesse. Solo in caso di extrasistolia atriale bloccata (onde P all’ECG non seguite da QRS) è necessario fare diagnosi differenziale con il blocco atrioventricolare e la bradicardia sinusale.
Al momento che tale aritmia sia classificata dal cardiologo come benigna il bambino può essere ritenuto libero di svolgere tutte le normali attività compresa quella fisica.
Terapia
I battiti ectopici sopraventricolari e ventricolari, anche in coppie e triplette, se associati a cuore sano sono generalmente un’aritmia clinicamente irrilevante in cui non è indicata alcuna terapia.
Bibliografia
- Deal BJ, Wolff GS, Gelband H (eds). Current Concepts in Diagnosis and Management of Arrhythmias in Infants and Children. Armonk, NY: Futura, 1998.
- Gillette PC, Garson A (eds). Clinical Pediatric Arrhythmias, 2nd ed. Philadelphia: WB Saunders, 1999.
TACHICARDIE PAROSSISTICHE SOPRAVENTRICOLARI DA RIENTRO
La tachicardia parossistica sopraventricolare (TPSV) da rientro è la tachiaritmia più frequente in età pediatrica e può avere una frequenza cardiaca costante e variabile tra 180 e 340 bpm.
Si manifesta più frequentemente in forma episodica, e da questo deriva il termine di parossistica, mentre il termine rientro indica che un impulso che percorre una struttura cardiaca in una certa direzione torna indietro a riattivare il tessuto dal quale proveniva. In questo caso il meccanismo prevalente è il rientro atrioventricolare attraverso una via accessoria ed il sistema di conduzione atrio-ventricolare (AV) o più raramente attraverso una doppia via nodale.
Le vie di conduzione accessorie, in caso di conduzione anterograda atrioventricolare, possono determinare l’evidenza all’ECG di una pre-eccitazione ventricolare (se sintomatica è chiamata Sindrome di WPW) data dalla presenza di un intervallo PR corto, di un’onda delta, che slarga il complesso QRS nella sua componente iniziale, e di un’inversione della ripolarizzazione.
C’è comunque da far notare che i fenomeni di rientro descritti possono causare anche forme ad andamento cronico il cui quadro clinico è assimilabile a quello delle forme automatiche croniche (vedi capitolo dedicato).
L’età, chiaramente, influenza il quadro clinico delle TPSV. Nel bambino molto piccolo la sintomatologia è subdola e spesso di difficile inquadramento, tanto che spesso la tachicardia viene riconosciuta solo quando si rivela con un quadro evidente di scompenso cardiaco. Nel bambino più grande, invece, la sintomatologia soggettiva è “comunicata” e può andare dalla palpitazione fugace a quella più duratura con eventualmente associate astenia improvvisa, difficoltà alla stazione eretta, vertigine e sincope.
L’elettrocardiogramma di base nei pazienti con doppia via nodale o con via accessoria occulta (senza capacità di conduzione anterograda) è normale. In caso di tachicardia si apprezza una frequenza ventricolare molto elevata (180 – 340 bpm) con complessi QRS stretti e onde P difficilmente visibili.
L’ECG dinamico delle 24 ore secondo Holter è molto utile ai fini diagnostici in quanto può consentire la registrazione dei parossismi.
L’ecocardiogramma è utile per svelare eventuali patologie morfo-funzionali associate. Il test ergometrico è sempre da eseguire, ma determina raramente l’innesco della tachicardia.
Lo Studio elettrofisiologico transesofageo e/o endocavitario rappresenta il migliore strumento per lo studio del meccanismo dell’aritmia.
La diagnosi differenziale è con la tachicardia sinusale riflessa di tipo vasomotorio (ipotensione) e con le forme parossistiche di tipo automatico, che sebbene molto rare, hanno lo stesso tipo di sintomatologia ed un elettrocardiogramma molto simile. È utile per i genitori saper controllare la frequenza cardiaca del bimbo e comprendere in maniera accurata le modalità di innesco e di interruzione della tachicardia, per il riconoscimento adeguato di queste forme parossistiche e soprattutto nella necessità di riconoscere le ricorrenze in corso di terapia.
TERAPIA
La terapia acuta della tachicardie parossistiche sopraventricolari da rientro, in caso di scompenso grave e/o shock cardiogeno, è la cardioversione elettrica esterna sincronizzata (0.5-1.5 J/kg) o la stimolazione atriale transesofagea.
Nel caso di compenso cardiaco si potrà invece iniziare con le manovre vagali. In età neonatale la più efficace è il diving reflex (applicazione di una borsa di ghiaccio sul viso del bambino per qualche secondo), ripetibile più volte. In caso di fallimento delle manovre vagali, il farmaco di prima scelta è l’adenosina, in bolo rapido, seguita da infusione rapida di soluzione fisiologica. La terapia può essere ripetuta 3 volte, 100 μg/kg le prime 2 volte e, in caso di insuccesso, la dose può essere raddoppiata. I farmaci IC possono essere indicati in caso di fallimento dell’adenosina o in alternativa a questa (propafenone 1.5 mg/kg in 3-5 min, flecainide 1.5-2 mg/kg in 3-5 min). L’amiodarone è da riservare ai casi refrattari o nei casi di ridotta funzione sistolica (bolo di 5 mg/kg in 20 min seguito da infusione di 10 mg/kg nelle 24h).
In tutte le tachicardie parossistiche sopraventricolari da rientro è consigliata la profilassi antiaritmica per la prevenzione delle recidive. I farmaci più efficaci sono il propafenone (10-15 mg/kg/die in 3 somministrazioni), la flecainide (2-7 mg/kg/die in 3 somministrazioni), l’amiodarone (dose di carico 10-20 mg/kg/die in 1-2 somministrazioni per 7-10 giorni; dose di mantenimento 3-7 mg/kg/die in 1-2 somministrazioni) e il sotalolo (2-8 mg/kg/die in 2-3 somministrazioni), da soli o in associazione. I farmaci della classe IC e l’amiodarone possono essere impiegati in associazione anche con i betabloccanti (propranololo 1-3 mg/kg/die in 3-4 somministrazioni, nadololo 1-2 mg/kg/die in 1-2 somministrazioni, metoprololo 2-2.5 mg/kg/die in 2 somministrazioni). L’efficacia della terapia profilattica può essere testata con studio elettrofisiologico transesofageo.
Bibliografia
- Deal BJ, Keane JF, Gillette PC, Garson A Jr. Wolff-Parkinson-White syndrome and supraventricular tachycardia during infancy: management and follow-up. J Am Coll Cardiol 1985;5:130-135.
- Drago F, Silvetti MS, De Santis A, Marcora S, Fazio G, Anaclerio S, et al. Reciprocating supraventricular tachycardia in infants: electrophysiologically-guided medical treatment and long-term evolution of the reentry circuit Europace. 2008 May;10(5):629-35.
FLUTTER ATRIALE
Il flutter atriale è una tachiaritmia sopraventricolare da rientro. Il meccanismo elettrofisiologico alla base del flutter è infatti un macro-rientro intra-atriale che può interessare tutto l'atrio o parte di esso. Il flutter è un’aritmia atriale molto rapida ma spesso, a causa del rallentamento della conduzione dell'impulso attraverso il nodo atrioventricolare, non tutte le attività elettriche si trasmettono dagli atri ai ventricoli. Si instaura quindi spesso un blocco funzionale nella conduzione atrioventricolare, con rapporto AV di tipo 2:1 o più, che mantiene ridotta la frequenza ventricolare, talora su limiti accettabili per l’età.
Il Flutter atriale è un’aritmia rara, generalmente idiopatica, anche se può essere associata a cardiopatia congenita.
È invece frequente nei cardiopatici congeniti operati soprattutto quelli con residui emodinamici che coinvolgono le sezioni destre del cuore determinandone dilatazione ed ipertrofia.
Il quadro clinico varia a seconda della frequenza ventricolare che si instaura in funzione dell’azione filtro del nodo atrioventricolare e della durata dell’aritmia prima della diagnosi. Pertanto, possiamo osservare dalla completa asintomaticità fino allo scompenso cardiaco.
La diagnosi è basata sulla documentazione ECG-grafica della tachicardia. Il pattern elettrocardiografico è quello caratteristico con onde a dente di sega, il range di frequenza atriale va dai 400 ai 700 bpm e la conduzione atrioventricolare è variabile (più frequentemente 2:1).
L’ECG Holter è molto utile ai fini diagnostici, nei casi non di urgenza, in quanto consente spesso l’apprezzamento dell’eventuale costanza del fenomeno e la frequenza ventricolare nei vari momenti della giornata.
L’ecocardiogramma è utile, nei casi di urgenza o meno, per evidenziare patologie cardiache associate o per valutare la funzione ventricolare.
Lo Studio elettrofisiologico transesofageo e/o endocavitario rappresenta il migliore strumento per lo studio del meccanismo dell’aritmia e dell’eventuale presenza di inducibilità di tachicardie sopraventricolari con possibile degenerazione in flutter atriale (es. tachicardia da rientro nel nodo atrioventricolare).
La diagnosi differenziale è con tutte le altre forme di tachiaritmie sopraventricolari ed è essenzialmente elettrocardiografica.
Nel cardiopatico operato tale aritmia è purtroppo a rischio di morte improvvisa per l’instaurarsi eventuale di un’elevata frequenza ventricolare. I genitori di tali pazienti, pertanto, devono essere attenti a valutare l’eventuale insorgenza di sintomi, come palpitazioni improvvise o di lunga durata, sia in caso di paziente non trattato sia in caso di paziente trattato farmacologicamente o interventisticamente per pregresso episodio di flutter atriale documentato.
TERAPIA
La terapia di prima scelta in caso di scarsa tolleranza emodinamica è la cardioversione elettrica in tutti i casi.
Nel neonato, in caso di buona tolleranza, il trattamento può essere procrastinato, poiché a volte l’aritmia si esaurisce spontaneamente in 24-48 ore. In caso di persistenza, può essere poi tentata la cardioversione elettrica o quella farmacologica con Amiodarone. Essendo, sempre nel neonato, un’aritmia che non tende a recidivare; una volta ottenuta la cardioversione a ritmo sinusale, essendo un’aritmia che non tende a recidivare, può essere portata avanti una profilassi basata sulla somministrazione orale cronica di Digossina, che in caso di recidiva è in grado di controllare adeguatamente la frequenza ventricolare.
Nel paziente più grande e in special modo nel cardiopatico congenito operato la terapia è sempre da instaurare. In caso di compromissione emodinamica dovrà essere di tipo elettrico (cardioversione elettrica sincronizzata o pacing transesofageo). In caso di tolleranza emodinamica dell’aritmia, potrà essere valutato anche un trattamento esclusivamente farmacologico con farmaci della classe IC come per le TPSV ma sempre associati a beta-bloccanti per il controllo della frequenza ventricolare. Nei casi di fallimento di quest’ultima terapia è utile uso di amiodarone.
In questi pazienti comunque l’ablazione transcatetere è da valutare soprattutto se si tratta di pazienti di buon peso (> 30kg) e/o con refrattarietà alla terapia medica.
Bibliografia
- Drago F, Mazza A, Garibaldi S, Mafrici A, Santilli A, Ragonese P. Isolated neonatal atrial flutter: clinical features, prognosis and therapy. G Ital Cardiol 1998; 28: 365-368.
- Garson A Jr, Bink-Boelkens BM, Hesslein PS, Hordof AJ, Keane JF, Neches WH, et al. Atrial flutter in the young: a collaborative study of 380 cases. J Am Coll Cardiol 1985; 6: 871-878
TACHICARDIE SOPRAVENTRICOLARI AUTOMATICHE
Nelle tachiaritmie sopraventricolari da aumentato automatismo, le cellule normalmente demandate all’attività meccanica acquisiscono proprietà di cellule segnapassi e scaricano automaticamente ad una frequenza più alta di quella sinusale.
Queste tachicardie sono classificate in base alle caratteristiche cliniche in permanenti o parossistiche.
La tachicardia sopraventricolare automatica si può presentare isolata oppure associata a cardiopatia organica. Origina in un qualunque punto degli atri senza coinvolgere nel suo meccanismo il tessuto di conduzione.
In genere, si tratta di una tachicardia ben organizzata in cui il normale ritmo sinusale e sostituito da impulsi ad alta frequenza (nel neonato fino a 250-300 b/min) che originano da una zona atriale di dimensioni limitate. La conduzione atrioventricolare può essere 2:1, 3:1 o presentare blocco atrioventricolare periodico.
Il quadro clinico può essere estremamente vario, e dipendente dalla durata del fenomeno (tachicardie permanenti, iterative o parossistiche) e dall’eventuale associazione a cardiopatie organiche. Possono essere del tutto asintomatiche o i sintomi possono variare dalle palpitazioni alla sincope.
Un quadro clinico caratteristico, ma non peculiare di tale tachiaritmia, è costituito dall’associazione di questa con la cardiomegalia (tachicardiomiopatia) con regressione delle alterazioni in seguito all’efficace controllo terapeutico.
La diagnosi è basata sulla documentazione ECG-grafica della tachicardia. L’ECG Holter è molto utile ai fini diagnostici nei casi non di urgenza. Questo esame infatti consente l’apprezzamento dei fenomeni parossistici o dell’eventuale persistenza dell’aritmia, nonché della sua frequenza ventricolare nei vari momenti della giornata. L’ecocardiogramma è utile, soprattutto nei casi di urgenza, per evidenziare patologie cardiache associate o per valutare la funzione ventricolare.
Lo Studio elettrofisiologico endocavitario è utile soltanto per una finalità interventistica (ablazione transcatetere del focus).
La diagnosi differenziale è soprattutto nei confronti delle altre forme di tachicardia sopraventricolare, specialmente quelle da rientro. L’iniezione endovenosa rapida di adenosina è utile per valutare l’eventuale comparsa di BAV con la persistenza dell’attività ad alta frequenza atriale. Tale reperto è determinante per la diagnosi differenziale con altri tipi di tachicardia sopraventricolare da rientro con complessi QRS stretti coinvolgenti il nodo atrioventricolare.
In caso di sintomi di prolungata astenia e ridotta capacità allo sforzo del bambino, è sempre utile eseguite un elettrocardiogramma, poiché tali tachicardie, che hanno spesso una frequenza sololeggermente superiore al range di frequenza ritenuto normale per quell’età, determinano una sintomatologia subdola che dopo molto tempo può sfociare nello scompenso cardiaco
TERAPIA
Le tachicardie sopraventricolari automatiche non rispondono alla cardioversione elettrica.
La terapia farmacologica è in genere in grado di controllare l’aritmia. La scelta della terapia deve prendere in considerazione la forma clinica dell’aritmia, presenza di sintomi, presenza di cardiopatia associata, presenza di cardiomegalia e/o disfunzione ventricolare indotta dall’aritmia e risposta ai test farmacologici acuti.
In caso di compenso emodinamico, la terapia betabloccante rappresenta il trattamento di prima scelta: propranololo 1-3 mg/kg/die in 3-4 somministrazioni, nadololo 1-2 mg/kg/die in 1-2 somministrazioni, metoprololo 2-2.5 mg/kg/die in 2 somministrazioni. I farmaci della classe IC possono rappresentare in qualche caso una valida alternativa alla terapia betabloccante: propafenone 10-15 mg/kg/die in 3 somministrazioni, flecainide 2-7 mg/kg/die in 3 somministrazioni. L’amiodarone deve essere usato (per via endovenosa: bolo 5 mg/kg in 20 min seguito da infusione di 10 mg/kg nelle 24h; per via orale: dose di carico 10-20 mg/kg/die in 1-2 somministrazioni per 7-10 giorni; dose di mantenimento 3-7 mg/kg/die in 1-2 somministrazioni) in presenza di compromissione della funzione contrattile o di refrattarietà agli altri farmaci.
L’ablazione transcatetere è da valutare soprattutto se si tratta di pazienti di buon peso (> 30kg) e/o con refrattarietà alla terapia medica.
Bibliografia
3. Naheed ZJ, Strasburger JF, Benson DW Jr, Deal BJ. Natural history and management strategy of automatic atrial tachycardia in children. Am J Cardiol 1995;75: 405-407. Sarubbi B, Musto B, Ducceschi V, D'Onofrio A, Cavallaro C, Vecchione F, et al.
4. Sarubbi B, Musto B, Ducceschi V, D'Onofrio A, Cavallaro C, Vecchione F, et al. Congenital junctional ectopic tachycardia in children and adolescents: a 20 years experience based study. Heart 2002; 88: 188-190.
TACHICARDIE VETRICOLARI
Si definiscono tachicardie ventricolari tutte quelle tachicardie che provengono da uno dei due ventricoli. Tali tachicardie, come per quelle sopraventricolari, possono essere dovute o al fenomeno dell’esaltato automatismo o al fenomeno del rientro.
Le tachicardie ventricolari sono molto rare in età pediatrica (circa il 5-10% di tutte le tachiaritmie). Possono essere idiopatiche, o espressione di una cardiopatia strutturale, di una cardiomiopatia, di una canalopatia o di una neoplasia cardiaca (soprattutto fibromi). Le forme che originano dal ventricolo destro sono di gran lunga più frequenti. Dal punto di vista clinico le tachicardie ventricolari possono presentarsi in maniera sintomatica o asintomatica. I sintomi possono variare a seconda del tipo di tachicardia e dell’eventuale associazione a cardiopatia organica. Quindi la sintomatologia può variare dalla semplice palpitazione alla sincope.
Nelle forme associate a compromissione della funzione miocardica possono presentarsi i sintomi della scompenso cardiaco.
Le tachicardie ventricolari idiopatiche hanno in genere una prognosi benigna. Quando invece sono espressione di cardiopatie la prognosi va valutata nel contesto della malattia primitiva.
La diagnosi è basata sulla storia clinica del paziente e sulla registrazione elettrocardiografica della tachicardia.
All’ECG di base una tachicardia ventricolare è caratterizzata sempre da QRS largo, asse del QRS diverso da quello sinusale e talora dissociazione atrioventricolare con battiti di fusioni e di cattura sinusale.
Al riscontro di una tachicardia ventricolare è necessario un approfondimento diagnostico con ECG Holter e test ergometrico al fine di comprendere la costanza del fenomeno e la frequenza ventricolare nei vari momenti di maggiore o minore attività.
L’ecocardiogramma è necessario per escludere la presenza di una cardiopatia strutturale e/o di una disfunzione ventricolare.
È utile comunque eseguire sempre un controllo degli elettroliti sierici (Na, K, Ca, Mg). Attualmente irrinunciabili sono lo studio elettrofisiologico endocavitario (anche in funzione di una possibile risoluzione con ablazione transcatetere) e l’approfondimento diagnostico con metodiche di imaging cardiaco più sofisticate come la cardio RMN.
La diagnosi differenziale è con le forme di tachicardia sopraventricolare con conduzione intraventricolare funzionalmente aberrante, che hanno per questo un QRS largo (ritardo su una delle due branche dovuto alla alta frequenza di conduzione attraverso il nodo atrioventricolare).
Un paziente con tachicardia ventricolare sintomatica, soprattutto se sotto sforzo, è sempre un paziente a potenziale rischio di morte improvvisa. Pertanto, i genitori con un figlio in trattamento per tale patologia dovranno essere sempre attenti a valutare l’eventuale presenza di sintomatologia caratteristica (palpitazioni, astenia e pallore improvviso, presincope o sincope).
TERAPIA
In caso di sintomi gravi o scompenso cardiaco, l’atteggiamento deve essere aggressivo, prevedendo l’uso della cardioversione elettrica sincronizzata (2-4 J/kg) o di DC-shock in caso di fibrillazione ventricolare. All’eventuale interruzione del fenomeno elettrico deve seguire comunque sempre una terapia farmacologica di prevenzione delle recidive: lidocaina (1 mg/kg in bolo ripetibile ogni 5 min, seguito da infusione di 20-50 μg/kg/min), solfato di magnesio (30-50 mg/kg in bolo) e Amiodarone (per dosaggi vedi sotto). In caso di compenso cardiaco, pur se indicata una terapia elettrica, può essere iniziata una terapia farmacologica. I farmaci da utilizzare sono diversi a seconda della condizione della funzione cardiaca rilevata all’ecocardiogramma. In caso di funzione cardiaca ridotta senza segni di scompenso franco, il farmaco di elezione è l’Amiodarone, che inizialmente può essere praticato con una somministrazione in bolo (5 mg/kg in 20 min) seguito da infusione di 10 mg/kg nelle 24h.
Una volta ottenuto il controllo dell’aritmia con la terapia infusionale, si potrà passare alla terapia orale cronica (10 mg/kg in 1-2 somministrazioni per la prima settimana dopodiché dimezzare la dose).
In caso di funzione cardiaca normale, i farmaci antiaritmici da utilizzare possono essere i seguenti: propafenone (10-15 mg/kg/die in 3 somministrazioni), flecainide (2-7 mg/kg/die in 3 somministrazioni), sotalolo (2-8 mg/kg/die in 2-3 somministrazioni), propranololo (1-3 mg/kg/die in 3-4 somministrazioni), nadololo (1-2 mg/kg/die in 1-2 somministrazioni), metoprololo (2-2.5 mg/kg/die in 2 somministrazioni).
Le tachicardie ventricolari sono comunque suscettibili del trattamento ablativo che è indicato in caso di refrattarietà alla terapia medica o nei pazienti più grandi (> 30 kg o in età post-puberale).
Bibliografia
- Pfammatter JP, Paul T, Kallfelz HC. Recurrent ventricular tachycardia in asymptomatic young children with an apparently normal heart. Eur J Pediatr 1995; 154: 513-517.
- Vignati G, Drago F, Mauri L, Guccione P, Ragonese P, Figini A. Idiopathic recurrent ventricular tachycardia in children: characteristics and long-term prognosis. G Ital Cardiol 1996; 26: 747-755.
ARITMIE IPOCINETICHE
Le aritmie ipocinetiche sono quei disturbi del ritmo che condizionano un’alterazione in senso ipocinetico e non naturale del cronotropismo cardiaco. Quindi è sempre importante conoscere i normali range di frequenza nelle varie età pediatriche prima di diagnosticare un’incompetenza cronotropa del cuore.
Nella categoria delle aritmie ipocinetiche rientrano i disturbi dell’insorgenza dell’impulso (disfunzione del nodo seno-atriale) e i disturbi della conduzione atrioventricolare (blocchi atrioventricolari).
BLOCCHI ATRIOVENTRICOLARI
Il blocco atrioventricolare (BAV) è un’aritmia dovuta al deficit della conduzione atrioventricolare ed è classificato come di primo, secondo e terzo grado.
Il BAV di primo grado è un’alterazione del sistema di conduzione del cuore nella quale si assiste ad un allungamento dell'intervallo di conduzione atrioventricolare, (P-R) oltre i 17-20 msec, a secondo dell’età del paziente. Il BAV di secondo grado tipo Mobitz I si caratterizza per il progressivo allungamento della conduzione atrioventricolare fino al blocco (ovvero un’onda P non seguita dal complesso QRS).
Il BAV di tipo Mobitz II, è caratterizzato da un intermittente conduzione atrioventricolare. In questo caso all'ECG di superficie le onde P, in modo intermittente e inatteso, sono bloccate e non seguite da un complesso QRS, senza un progressivo prolungamento dell'intervallo PR. Nel Blocco AV di III grado si ha la completa interruzione della conduzione atrio-ventricolare, per cui le onde P sono indipendenti dai complessi QRS che derivano da un ritmo di scappamento giunzionale o ventricolare a frequenza più bassa.
Il BAV può essere isolato o associato a cardiopatia congenita (nel 25-50% dei casi).
Il BAV di primo grado e il BAV di secondo grado tipo Mobitz I decorrono asintomatici e sono perlopiù di riscontro occasionale.
Il BAV di secondo grado avanzato, tipo Mobitz II e di terzo grado possono essere asintomatici o associati a segni di scompenso cardiaco. I sintomi più frequenti sono astenia, pre-sincope e sincope. Il BAV di III grado può essere isolato, quasi sempre congenito, o associato a cardiopatie congenite tipo la trasposizione congenitamente corretta delle grandi arterie o il cuore univentricolare. Le forme congenite isolate si associano nel 70-80% dei casi alla presenza di autoanticorpi materni del tipo SSA/Ro e SSB/La che attraversano la barriera placentare tra la 16a e la 23a settimana di gestazione provocando un danno al sistema di conduzione fetale.
La diagnosi è basata sulla storia clinica del paziente e sulla registrazione elettrocardiografica del blocco atrio-ventricolare. La diagnosi di BAV di I grado o BAV di II grado tipo Mobitz I è spesso occasionale in corso di un elettrocardiogramma effettuato per altri motivi.
L’ECG Holter è fondamentale in quanto la registrazione per prolungati periodi di tempo facilita la documentazione di blocchi parossistici non evidenziabili all’ECG di base. Sono disponibili dispositivi esterni (Event Recorder) per la prolungata registrazione continua dell’ECG (da 48h fino a 2 settimane). è infine possibile impiantare dispositivi sottocutanei (Implantable Loop Recorder), che registrano l’attività elettrica cardiaca per circa 3 anni ed inviano periodicamente tali informazioni all’ospedale attraverso una connessione teleamatica.
L’ecocardiogramma, il test ergometrico e, in casi selezionati, lo studio elettrofisiologico sono un valido complemento nella diagnosi e stratificazione prognostica.
La diagnosi differenziale è soprattutto nei confronti della disfunzione del nodo del seno, che può presentare lo stesso tipo di sintomatologia.
In alcuni casi un’extrasistolia atriale bloccata può simulare all’elettrocardiogramma un blocco atrioventricolare di I e di II grado.
In assenza di indicazioni all’impianto di pacemaker si consiglia di eseguire controlli clinico-strumentali ogni tre mesi. Però, durante i periodi intercorrenti tra un controllo e un altro, il genitore deve essere sempre attento all’eventuale insorgenza di sintomatologia poiché talora questa può essere molto subdola e caratterizzata da momenti di improvvisa stanchezza del bambino che, soprattutto se molto piccolo, tende ad addormentarsi o voler essere frequentemente preso in braccio al genitore.
È da ricordare ai genitori che il blocco AV completo, pur essendo una patologia aritmica a rischio di morte improvvisa, è molto raro che tale evento si manifesti in età prepuberale.
TERAPIA
La terapia dei pazienti affetti da BAV dipende essenzialmente dal grado di blocco e dai sintomi associati. Il BAV di I grado e il BAV di II grado tipo Mobitz I non richiedono terapia.
Nei soggetti con BAV congenito di II grado avanzato e di III grado si raccomanda l’impianto di pacemaker nel periodo neonatale quando la frequenza cardiaca è <55 bpm in presenza di cuore strutturalmente normale, o in presenza di cardiopatia congenita quando <70 bpm.
L'impianto di pachemaker è inoltre raccomandato in presenaz di ritmo di scappamento a QRS largo e/o di disfunzione ventriolare.
Nei neonati l'impianto è esclusivamente epicardico, prediligendo come area di stimolazione l'apice del ventricolo sinistro e, se le dimensioni corporee lo consentono, dando la preferenza alla stimolazione bicamerale.
Nei bambini di peso superiore a 10-20 Kg l'impianto può essere endoardico, prediligendo come area di stimolazione l'auricola destra e il setto del ventricolo destro.
Bibliografia
- Michealsson M, Engle M: Congenital complete heart block: an internation study of the natura history. Cardiovasc Clim 1972; 4(3: 85-101)
- Jaeggi ET, Hamilton RM, Silverman ED, Zamora SA, Hornberger LK: Outcome of children with fetal, neonatal or childhood diagnosis of isolated congenital atrioventricular block. A single institution experience of 30 years. J Am Coll Cardiol 2002; 39(1): 130-137.
DISFUNZIONR DEL NODO SENO-ATRIALE
La disfunzione del nodo seno-atriale, nota anche come malattia del nodo del seno comprende un'ampia gamma di bradiaritmie tra cui la bradicardia sinusale (relativa all'età del paziente), le pause improvvise del ritmo sinusale e la bradicardia giunzionale.
La disfunzione del nodo seno-atriale può essere consequente a: 1) cause non cardiache, come l'inibizione della normale funzione del nodo del seno da parte del sistema nervoso autonomo o da alterazioni metaboliche; 2) anomalie intrinseche della funzione del nodo del seno.
Bradicardia sinusale transitoria, pause sinusali e battiti di scappamento giunzionali si possono verificare dal 20% al 90% dei neonati/lattanti a termine normali e con maggiore frequenza nei neonati di basso peso o prematuri. Nei neonati possono essere presenti pause sinusali di durata fra 800 e 1000 ms, mentre pause >2 secondi sono considerate patologiche. Un ritmo giunzionale può essere presente anche in neonati sani. Bradicardie transitorie e lieve prolungamento dell’intervallo QTc (≤470 ms) possono verificarsi a seguito di un travaglio o di un parto stressanti ma di solito si risolvono entro 48-72h.
In generale, una bradicardia sinusale persistente in un neonato può essere secondaria a sepsi, anomalie del sistema nervoso centrale, ipotermia, ipopituitarismo, ipertensione endocranica, meningite, passaggio di farmaci dalla madre al feto-neonato, ittero ostruttivo, ipotiroidismo, alterazioni elettrolitiche o metaboliche, malattie autoimmuni materne.
Nei neonati pretermine la bradicardia sinusale è la più comune aritmia diagnosticata, poiché, a causa dell’immaturità del sistema nervoso centrale, questi presentano un’esagerata attivazione del tono vagale.
La bradicardia sinusale nel periodo neonatale è descritta anche in alcuni pazienti affetti da sindrome del QT lungo o con altri tipi di canalopatie. La disfunzione del nodo seno-atriale, inoltre, può essere associata a cardiopatie congenite non operate in storia naturale (difetto interatriale, canale atrioventricolare, anomalia di Ebstein, ventricolo unico) o più frequentemente a cardiopatia congenita complessa operata con interventi palliativi sugli atri (intervento di Fontan, intervento di Mustard e Sening).
In base a tutto ciò, il quadro clinico dei pazienti affetti da disfunzione del nodo seno-atriale dipende dall’entità del disturbo, dall’eventuale associazione a cardiopatie o a patologie extra-cardiache e dall’età del bambino.
I pazienti possono essere del tutto asintomatici, ma quando presenti, i sintomi possono andare dall’astenia con pallore associato (improvvisi o meno) fino alla pre-sincope, sincope e scompenso cardiaco.
La valutazione del paziente con bradicardia o disfunzione del nodo seno-atriale deve includere un ECG a 12 derivazioni ed un ECG Holter 24h. I criteri elettrocardiografici per disfunzione del nodo seno-atriale comprendono la presenza di uno o più dei seguenti elementi: bradicardia sinusale, pause sinusali >3 secondi, ritmi di scappamento lento.
È importante porre attenzione al fatto che all’ECG varie aritmie possono simulare una bradicardia sinusale con importanti ripercussioni terapeutiche se la diagnosi non è corretta: 1) BAV di secondo grado 2:1, ove battiti sinusali non condotti si nascondono nella T del QRS precedente; 2) extrasistolia atriale bigemina non condotta che si occulta nella T del QRS precedente; 3) BAV completo quando la frequenza del nodo seno-atriale e la frequenza ventricolare sono simili con apparente sincronia atrioventricolare.
Durante i periodi intercorrenti tra un controllo e un altro il genitore deve essere sempre attento all’eventuale insorgenza di sintomatologia. Talora, questa può essere molto subdola perché, come nel BAV completo, è caratterizzata anche solo da momenti di improvvisa stanchezza del bambino.
Infatti, la disfunzione sinusale è una patologia aritmica difficilmente a rischio di morte improvvisa e con andamento evolutivo molto lento.
TERAPIA
Nella maggior parte dei pazienti con bradicardia inappropriata per l’età con eziologia non cardiaca non è indicata nessuna terapia specifica ma è necessaria un’attenta valutazione ed un eventuale trattamento della patologia alla quale è secondaria.
In caso di necessità di supporto acuto si può usare atropina (0.02-0.04 mg/kg e.v.), beta-adrenergici (isoproterenolo 0.02-0.05 μg/kg/min), adrenalina (0.01 mg/kg e.v.) o, in casi estremi, la stimolazione temporanea esterna transtoracica o endocardica.
Nei pazienti con disfunzione del nodo seno-atriale sintomatica che causa compromissione emodinamica e/o sintomi può rendersi necessario il posizionamento di un pacemaker.
Bibliografia
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- Nof E, Luria D, Brass D, Marek D, Lahat H, Reznik-Wolf H et al. Point mutation in the HCN4 cardiac ion channel pore affecting synthesis, trafficking, and functional expression is associated with familial asymptomatic sinus bradycardia. Circulation. 2007 Jul 31;116(5):463-70