Non sempre il diabete dei bambini è quel che sembra

La scoperta di casi di diabete alternativi al diabete tipo 1 (autoimmune) è stata una vera propria “rivoluzione copernicana” della Diabetologia Pediatrica. Fino agli inizi degli anni 90, infatti, si credeva che qualsiasi iperglicemia in età pediatrica, specie se accompagnata a poliuria, polidipsia e chetoacidosi fosse sinonimo di diabete tipo 1 insulinodipendente. Il dosaggio dei markers autoimmuni del diabete (ICA, GAD, IA2 e IAA) e la tipizzazione genetica ha permesso di scoprire forme di diabete monogenico che possono anche essere trattati con farmaci ipoglicemizzanti orali anche in età pediatrico adolescenziale.

Una accurata anamnesi familiare orientata a ricercare, da un lato, il diabete in famiglia (richiesta dei pesi alla nascita per presumere il diabete gravidico nel diretto ascendente, forme di diabete insulino-trattato o non insulino-trattato comparso in età più o meno giovanile, ricerca di complicanze occulte ecc.) per confermare il MODY, dall’altro, altre patologie autoimmuni piu’ frequenti nelle famiglie nelle quali si presenta un caso di diabete autoimmune, permette di orientare il medico sulla presunta diagnosi.

La relazione prenderà in esame i principali tipi di MODY (Maturity Onset Diabetes in Young), il diabete mitocondriale e il diabete early onset PDMI e farà una accurata diagnosi differenziale tra di loro e con il diabete tipo 1.

La comparsa del diabete mellito tipo 2 anche in Italia, infine, legato a resistenza periferica all’azione dell’insulina e complicanza dell’obesità, già segnalata piu’ di dieci anni fa in casistiche americane e asiatiche soprattutto in alcune minoranze etniche, sta complicando maggiormente la diagnosi differenziale.